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domenica 26 agosto 2012

Cammino semplice




Gesù a Suor Benigna C. Ferrero.
Suor Benigna, della Visitazione di Como, nata a Torino il 6 agosto 1885, morì il primo
venrdì di settembre 1916. I suoi scritti secondo la promessa di Gesù, hanno cominciato ad
attivare nelle anime l'incendio dell'Amore divino.
Ecco alcune citazioni.
<<Tutto il segreto della serenità sta in queste due parole: diffidare e confidare.
Diffidare di te sempre, e poi non fermarti lì, ma salire subito alla confidenza del
tu Dio, perchè se Io sono buono con tutti, sono buonissimo con le anime che confidano di più.
Leanime confidenti sono le ladre delle mie grazie...il gusto che io provo in un'anima confidente
è indicibile>>
<< Si ha un'idea troppo piccola della bontà di Dio, della sua Misericordia, del suo amore
verso le creature; si misura Dio con le creature, ma Dio non è limitato e quindi non è
limitata la sua bontà...Io sono un tesoro infinito messo da mio Padre a disposizione di tutti;
le mie creature lo rifiutano con immenso loro danno che comprenderanno solo
nell'eternità. Io amo gli uomini. io amo teneramente gli uomini, li amo tenerissimamente
come miei fratelli; benchè ci sia una distanza infinita tra Me e loro Io non la conto...>>



Un'altra banditrice della divina Misericordia è Suor Josefa Menendez,
scelta da gesù per manifestare al mondo la sua misericordia verso i peccatori.
Il 24 febbraio 1921, Egli le diceva:


<< Il mondo non conosce la misericordia del mio Cuore. Voglio servirmi di te
per farla conoscere...ti voglio apostola della mia bontà e della mia misericordia>>
-Il 25 settembre 1921, Gesù le diceva:<< Non ti affliggere per la tua miseria. Il mio Cuore
è il trono della Misericordia in cui i più miserabili sono i meglio accolti, perchè vengano
a sprofondarsi in questo abisso di Amore>>.
-Il 29 agosto 1922, Gesù le diceva:<<Io conosco il fondo delle anime, le loro passioni, la loro propensione al mondo e i suoi piaceri...non è il peccato che ferisce maggiormente il mio Cuore,
ciò che lo strazia è che, dopo averlo commesso, le anime non vengono a rifugiarsi in me.
Sì, desidero perdonare e voglio che le anime elette facciano conoscere al mondo
come il mio Cuore, trabboccante d'amore e di misericordia, aspetta i peccatori!
con una misericordia infinita Ah, se si conoscesse il mio Cuore!...gli uomini ignorano la sua misericordia e la sua bontà:ecco il mio dolore!>>.
<<Sono Dio, ma Dio d'Amore! Sono Padre, ma Padre che ama con tenerezza e non con severità!
Il mio Cuore è infinatamente sapiente e, conoscendo la miseria e la fragilità umana, s'inchina verso i poveri peccatori con una misericordia infinita. Amo le anime dopo il primo peccato, se vengono a chiedermi umilmente perdono. Le amo ancora dopo che hanno pianto il secondo peccato, e se cadessero non dico un miliardo di volte, ma milioni di miliardi, io le amo; le perdono sempre e lavo nello stesso mio Sangue l'ultimo come il primo peccato>>..
<< Se volete vivere felici in terra e, nello stesso tempo, assicurarvi la vostra eterna felicità in Paradiso, fate d'ora innanzi quanto vi dirò:
Siete poveri? Quel lavoro che la necessità vi impone, fatelo con sottomissione e sappiate che anche Io
ho vissuto trenta anni assoggettandomi alla stessa legge, perchè fui povero, anzi poverissimo. Non considerate i vostri padroni come tiranni, non nutrite verso di loro sentimenti di odio, non desiderate
il loro male, ma curate i loro interessi e siate loro fedeli.
Siete ricchi? Avete sotto di voi operai e servi? Non sfruttate il loro lavoro, compensate giustamente le loro fatiche e date loro prova di affetto con dolcezza e bontà. Pensate che se avete un'anima immortale, ce l'hanno anche loro. Se voi avete avuto le sostanze che possedete, non è soltanto per il vostro godimento e benessere personale, ma perchè, amministrandole saggiamente, possiate esercitare la carità verso quelli che vi circondano. Dopo che gli uni e gli alti avete accettato con sottomissione questa legge del lavoro, riconoscete umilmente l'esistenza di un Essere che presiede a tutto il creato. Questo essere è il vostro Dio e insieme il vostro Padre. Come Dio vi impone di osservare la sua legge divina. Come Padre vi chiede di sottomettervi da figli ai Comandamenti.
Così, dopo aver passato una settimana nei vostri lavori, nei vostri affari e anche sollievi... vi chiedo di dare almeno una mezz'oretta all'adempimento del suo precetto: Ricordati di santificare le feste. Questo è esigere molto? Andate dunque in Chiesa, alla sua casa. Egli vi attende giorno e notte. E ogni Domenica o giorno festivo  riservategli questa mezzz'oretta, assistendo a quel mistero di Amore e di Misericordia che si chiama Messa. Là parlategli di tutto: della vostra famiglia, dei figli, dei vostri affari, dei vostri desideri...Esponetegli le vostre difficoltà e le vostre pene...Se sapeste come vi ascolterà e con quanto amore! Voi forse mi direte: Non so come assistere alla messa! da tanto tempo non ho varcato la soglia di una Chiesa!... Non temete per questo. Venite e passate soltanto questa mezz'oretta ai miei piedi. Lasciate che la vostra coscienza dica quello che dovete fare e date ascolto alla sua voce. Aprite l'anima vostra e la mia grazia vi parlerà. Essa a poco a poco vi mostrerà come dovrete agire in ogni circostanza della vostra vita, come comportarvi in famiglia e negli affari, come allevare i figli, come amare gli inferiori, rispettare i superiori. Forse essa vi ispirerà di lasciare quell' impresa, di rompere una cattiva amicizia, di allontanarvi energicamente da quella riunione pericolosa. Vi dirà che odiate la tale persona senza ragione e che dovete fuggire i consigli e separarvi da quell'altra persona che amate e frequentate.
Provate a fare così e a poco a poco si prolungherà la catena delle mie grazie! Tanto nel male come nel bene, tutto sta nel cominciare. Gli anelli della catena si seguono l'un l'altro. Se oggi ascoltate la mia grazia e la lasciate agire in voi, domani l'ascoltate meglio, più tardi meglio ancora e così di giorno in giorno la luce verrà , la pace aumenterà e la vostra felicità sarà eterna!
L'uomo non è creato per restare sempre quaggiù: è fatto per l'eternità. Se dunque è immortale deve vivere non per quello che passa, che muore, ma per quello che dura. Giovinezza, ricchezza,sapienza, gloria umana, tutto questo è un niente, passa e finisce!
Dio soltanto sussiste in eterno!
Il mondo e l'umana società sono pieni di odio e di continue lotte, popoli contro popoli, nazioni contro nazioni, individui contro individui, perchè il fondamento della fede è quasi del tutto scomparso.

( Dal libro << Colui che parla dal fuoco>> Società del Sacro cuore Roma
-Porta l'imprimatur del Vic Gen. Giuseppe Pretto della curia di Padova-1964)

Gesù a Suor Consolata Betrone

Sr. Maria Consolata Betrone.
Per lei tutto iniziò con la lettura della “Storia di un Anima” di Santa Teresina del Bambino Gesù, ma Consolata, a sua volta, ebbe esperienze mistiche, ed è ricordata per la sua “piccolissima via” che è accessibile alle anime e che si può racchiudere in tre punti essenziali:
1 Offrire un atto incessante d’amore col cuore: “Gesù, Maria Vi amo, salvate anime”.
2 Offrire un sì a tutti e col sorriso, vedendo Gesù in tutti.
3 Offrire un sì a tutto, sempre ringraziando.

Un atto d’amore è anche atto di riparazione: Gesù ha specificato: Un “Gesù ti amo” ripara mille bestemmie. Ma l’importanza di questa invocazione, corta e potentissima si può capire dalle parole di Gesù che suor Consolata ha scritto nel suo diario: “Non ti chiedo che questo: un atto d’amore continuo, GESU’, MARIA VI AMO, SALVATE ANIME…
Consolata fu invitata da Gesù a intensificare la preghiera senza indugiare: “Non perdere tempo perché ogni atto d’amore rappresenta un’anima. Di tutti i doni, il dono maggiore che tu possa offrirmi è una giornata ripiena d’amore. Io desidero un incessante ‘Gesù, Maria vi amo, salvate anime’ da quando ti alzi a quando ti corichi”.
L’atto d’amore che Gesù vuole incessante non dipende dalle parole che si pronunciano con le labbra, ma è un atto interiore, della mente che pensa ad amare, della volontà che vuole amare, del cuore che ama. La formula ‘Gesù, Maria vi amo’ vuol essere semplicemente un aiuto.
Alla mistica tedesca, Justine Klotz (1888-1984) il Signore ha ispirato una giaculatoria simile con un riguardo particolare verso i sacerdoti: “Gesù, Maria Vi amo, salvate anime sacerdotali, salvate anime”. Quando si prega per un sacerdote non si prega soltanto per lui. Un sacerdote santo porterà al sicuro nel ovile anche molte altre anime, ma hanno bisogno di essere sostenuti dalla nostra preghiera. Facciamo un grande dono alla Chiesa, a noi stessi e al mondo quando preghiamo per i sacerdoti. E che il Signore ci mandi tante, sante

Gesù,Maria,vi amo, salvate anime.

L'importanza di questa invocazione, corta ma potentissima si può capire dalle parole che Gesù ha ispirato a Suor M. Consolata Betrone e che leggiamo nel suo diario:
Non ti chiedo che questo: un atto d'amore continuo, Gesù, Maria vi amo, salvate anime.
Dimmi, Consolata, che preghiera più bella puoi farmi? Gesù, Maria vi amo, salvate anime : amore e anime! Che cosa vuoi di più bello?
Ho sete del tuo atto d'amore! Consolata, amami tanto, amami solo, amami sempre! Ho sete di amore, ma dell'amore totale, di cuori non divisi. Amami tu per tutti e per ciascun cuore umano che esiste... Ho tanta sete d'amore... Dissetami tu... Lo puoi... Lo vuoi! Coraggio e avanti!
Sai perché non ti permetto tante preghiere vocali? Perché l'atto d'amore è più fecondo. Un "Gesù ti amo" ripara mille bestemmie. Ricorda che un atto perfetto d'amore decide l'eterna salvezza di un'anima. Quindi abbi rimorso a perdere un solo Gesù, Maria vi amo, salvate anime.
Sono meravigliose le parole di Gesù che esprimono la sua gioia per questa invocazione e ancora di più per le anime che con essa possono raggiungere la salvezza eterna... Questa consolante promessa la ritroviamo molte volte negli scritti di Suor M. Consolata invitata da Gesù a intensificare e a offrire il suo amore:
Non perdere tempo perché ogni atto d'amore rappresenta un'anima. Di tutti i doni, il dono maggiore che tu possa offrirmi è una giornata ripiena d'amore.
Io desidero un incessante Gesù, Maria vi amo, salvate anime da quando ti alzi a quando ti corichi.
Gesù non può essere più esplicito e Suor M. Consolata così si esprime:
Appena mi sveglio al mattino incominciare subito l'atto d'amore e a forza di volontà non interromperlo più sino a quando sarò addormentata la sera, pregando che durante il mio sonno l'Angelo mio custode preghi lui in vece mia... Mantenere questo proposito costantemente rinnovandolo mattina e sera.
Passare bene la mia giornata… Sempre unita a Gesù con l'atto d'amore; Egli trasfonderà in me la sua pazienza, fortezza e generosità.
L'atto d'amore che Gesù vuole incessante non dipende dalle parole che si pronunciano con le labbra ma è un atto interiore, della mente che pensa ad amare, della volontà che vuole amare, del cuore che ama. La formula Gesù, Maria vi amo, salvate anime vuol essere semplicemente un aiuto.
E, se una creatura di buona volontà, mi vorrà amare, e farà della sua vita un solo atto d'amore, da quando si alza a quando si addormenta, (col cuore s'intende) Io farò per quest'anima delle follie... Ho sete d'amore, ho sete di essere amato dalle mie creature. Le anime per giungere a Me, credono che sia necessaria una vita austera, penitente. Vedi come mi trasfigurano! Mi fanno temibile, mentre Io sono solamente Buono! Come dimenticano il precetto che Io vi ho dato "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima ecc..." Oggi, come ieri, come domani, alle mie creature Io chiederò solo e sempre amore.

lunedì 6 agosto 2012

Conosci la preghiera del cuore?




Conosci la preghiera del cuore?


Sai che cos'è? Vuoi sperimen­tarla?
Chi la scopre sperimenta una strada di preghiera che trasforma la vita.
Anzitutto...
Prima di tutto riconosci che la preghiera è dono e che hai sempre bisogno di imparare a pregare.
Ti sei già posto con realismo il problema?
Quando preghi se sei sinceroti accorgi che è più il tempo che passi nelle distrazionidel
tempo che stai con il Signore.
Se sei sincerocapirai che la tua preghiera è parolaiae non ti mette a contatto con Dio.
Se sei sincerocapirai che c'è tanta poca preghiera nella tua pre­ghiera.
Certi rosari che la gente recita sono mucchi di foglie secche. Prova un po' dopo un rosario a farti la domanda: ma ho parlato con la Madonna? Che cosa le ho detto? Il Papa raccomanda il rosario ogni giornoma non intende certo il rosa­rio parolaio che non lascia spazio alla riflessione e al contatto con la Vergine Santa.
Ti sei già accorto?
Hai già notato che quando preghi sei abituato a dare consigli a Dio sei abituato a imporre la tua volontà a Dio e sei abituato a chiedere chie­dere chiedere sempre chiedere.
Questo è proprio preghiera? Hai già notato che ringrazi tanto poco? Sei immerso nei doni di Dio dal mattino alla sera e sei capace a passare anche un giorno intero sen­za mai dire un grazie sincero a Dio. Ti comporti con Dio come certi bambini maleducati che prendono e pretendono e non dicono mai gra­zie.
Sei anche capace a stare giorni e settimane senza un grazie sincero a Dio.
La preghiera parolaia scade fa­cilmente nell'ipocrisia perché chi vi è abituato si illude di pregare invece non prega affatto.
L'abitudine alla preghiera paro­laia è un male terribile che addormenta la coscienza e illude. L'abitudine alla preghiera paro­laia si potrebbe chiamare il cancro della preghiera.
Dire basta!
E' urgente dire basta! E' urgente interrogarti: "ma io so pregare?" Se è parlare con Dio ed è ascolta­re Diodopo la preghiera dovrei avere la sensazione di aver parlato con Luidi aver comunicato con Lui. S. Agostino ha detto:
"Come può Dio ascoltarti se quando hai pregato non sai cosa gli hai detto?"
Una domanda
Ecco ora una domanda chiave una domanda inquietante. Da tanti anni preghima che cosa è cambiato nella tua vita?
La tua preghiera sin qui che cosa ti ha dato? Li conosci i tuoi difetti? Lavori intorno ai tuoi difet­ti? E' migliorata la tua vita spiritua­le? Sei cresciuto?
Se la preghiera è separata dalla vita è la prova che è una preghiera da poco forse non è neppure preghie­ra forse devi ricominciare tutto da capo…
Prova a farti alcune domande es­senziali:
- Che cos'è pregare?
- Qual è l'anima della preghiera?
- Cosa posso fare per cominciare a pregare veramente?
Devi cioè introdurti nella pre­ghiera vera che noi chiamiamo pre­ghiera del cuore.
Non pensare a niente di senti­mentale la preghiera del cuore è un cammino spirituale serio ma che ti aprirà le porte della vita spirituale profondase tu avrai l'umiltà e il desiderio concreto di imparare...
La preghiera del cuore si potreb­be anche chiamare: preghiera di silenzio o preghiera contemplativa.
Ma insomma cos'è la preghiera del cuore?
Per rispondere in modo adeguato vorrei spiegarti prima qual è la vetta della preghiera del cuore ma natu­ralmente per arrivare alla vetta biso­gna prendere delle abitudini nuove nella preghiera.
La vetta
Dunque la vetta della preghiera del cuore è la preghiera sanguinante del Getzemani:
"Padre non la mia ma la tua volontà sia fatta"
Crediamo che non ci sia una pre­ghiera più grande di questa.
Ma per arrivare alla vetta biso­gna camminare decisi nella preghie­ra del cuore e prendere abitudini nuove.
Abituati ogni giorno a dedicarvi un quarto d'ora (faresti bene a con­trollare il tempo con l'orologio) e impegnati:
- a rilassarti sta seduto o sta in ginocchioma ben rilassato
- chiudi gli occhi
- concentra il tuo pensiero sulla presenza di Dio in te. Gesù ha detto: "Se uno mi ama osserverà la mia parola e il padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 1422).
- concentrati per esempio sulla presenza in te dello Spirito Santo e scegli una parola da ripetere inces­santemente come:
"Spirito Santo aprimi all'amo­re"oppure "Spirito Santo io ti amo" o semplicemente "Spirito Santo!"
Oppure concentrati sulla presen­za di Gesù in te e prega ripetendose credi:
"Gesù Salvatore salvami" op­pure "Gesùio ti amo" o semplice­mente "Gesù!"
Oppure concentrati sulla presen­za del Padre in te e prega ripetendo se credi:
"Padre mio mi abbandono a te"
oppure "Padre io ti amo" o sempli­cemente "Padre!"
- al termine del quarto d'ora di intimità con Dio fatti questa do­manda:
Signore qual è la gioia che pos­so dare oggi a chi vive accanto a me?
Signore qual è la tua volontà su di me oggi?
Ecco questo è l'allenamento alla preghiera del cuore.
La preghiera del cuore non deve mai trascurare la preghiera di ascol­to. E' la Parola di Dio la linfa vitale della preghiera cristiana. La pre­ghiera del cuore è il momento cul­minante dell'ascolto. Ogni giorno prega il Vangelo della Liturgia del giorno collegandolo sempre alla tua vita concreta. Da quel Vangelo tro­va una parola/messaggio che utiliz­zi per fare la preghiera del cuore rivolto al Padreo al Figlio o allo Spirito Santo presenti in te.
Sii costante e toccherai con mano la potenza della preghiera del cuore sulla tua vita.
Padre Gasparino Movim. Contempl. Mission. "P. De Foucauld"- Cuneo


Nuova pagina 1

sabato 4 agosto 2012

Le Beatitudini








I tratti dell’uomo nuovo in Cristo: le beatitudini
(Chieti, 20 Novembre 2010)
di
Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto

In un passo della lettera agli Efesini, in cui si avverte un’intensa e perfino
commovente partecipazione emotiva, l’Apostolo Paolo dichiara ai suoi destinatari - “i
santi che sono a Efeso credenti in Cristo Gesù” (1,1) - di piegare “le ginocchia
davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi
conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati
nell’uomo interiore mediante il suo Spirito” (3,14-16). Subito dopo egli esplicita
questa richiesta così: “Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così,
radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia
l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo
che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (vv. 1719).
Per Paolo l’uomo interiore - reso forte mediante lo Spirito - è, dunque, l’uomo
nuovo, divenuto tale perché abitato da Cristo e perché il suo cuore è sempre più
immerso negli abissi dell’amore divino.
Quali sono i tratti di questo “uomo nuovo”? Per conoscerli e tendere a
realizzarli nella nostra vita, dobbiamo rivolgerci a quanto Gesù ha fatto e ci dice nel
Vangelo, in particolare nel testo delle beatitudini, vero e proprio manifesto
dell’“uomo nuovo”. Da una parte, le beatitudini rappresentano la biografia del Figlio
di Dio venuto fra noi, perché in Lui solo ognuna di esse trova la sua realizzazione
piena e completa; dall’altra, proponendo Gesù come il solo, perfetto modello cui
guardare, descrivono le caratteristiche dello discepolo che, nella sequela del Maestro,
per la forza dello Spirito, vive l’imitazione del suo Signore, lasciandosi abitare da
Lui. Null’altro è, infatti, l’“imitazione di Cristo” che il farsi presente di Gesù risorto
in noi: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la
vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”
(Galati 2,19s). Ci avviciniamo, allora, alle beatitudini per imparare da esse a divenire
uomini nuovi con la grazia che ci viene da Gesù: in esse riconosciamo il progetto e il
percorso della santità secondo il Vangelo, perché il santo non è che l’uomo nuovo
reso tale da Cristo, nello grazia dello Spirito Santo, a gloria di Dio Padre.

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i
suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo…
Non è difficile capire perché l’evangelista Matteo collochi “sul monte” la
proclamazione delle beatitudini: nella Bibbia il monte è per eccellenza il luogo della
rivelazione divina. L’atmosfera è solenne: i discepoli sono attorno a Gesù, seduto
come è costume del Maestro nella pratica dell’insegnamento rabbinico. Il messaggio
che sta per essere annunciato è dunque percepito come una comunicazione che Dio fa
di sé e che va perciò ricevuta con ascolto docile e attento al fine di lasciarsi
illuminare sul disegno dell’Eterno riguardo alla Sua creatura. Accogliere con fede e
intelligenza d’amore le parole che Gesù sta per dire significa essere rivelati a noi
stessi secondo la vocazione preparata dal Padre celeste per ciascuno di noi. Il Figlio
dell’uomo che viene da Dio rivela l’uomo all’uomo: la posta in gioco di quanto dirà
siamo noi, la nostra chiamata, il nostro destino…
Beati
La parola chiave che ritornerà nove volte in ciò che il Maestro sta per dire è
“beati”. Il termine greco “makários” significa “benedetto, fortunato, felice”: esso
esprime la condizione dell’uomo su cui si è posata la benevolenza divina e che ha
così realizzato le aspirazioni più ambite. Proprio così questa creatura è felice, perché
si sente amata da un amore fedele e percepisce che la dignità del suo essere è
riconosciuta, valorizzata, esaltata. È la meta cui aspira ogni essere umano: siamo fatti
per la felicità, e quando essa manca ci sentiamo frustrati, incompiuti, irrealizzati, non
amati, tristi della tristezza più grande, la tristezza di vivere. Beato è invece chi
percepisce di essere avvolto da un amore grande e profondo, rivolto al suo cuore in
modo proprio e personale, un amore sicuro e affidabile, a cui potersi abbandonare
senza paura e senza rimpianti, un amore che ti fa sentire utile e importante e ti fa
apparire la vita bella e degna di essere vissuta. Chi non vorrebbe incontrare un simile
amore? Chi non vorrebbe essere beato così? Parlando di beatitudini Gesù parla a tutti
i candidati alla felicità, a tutto l’uomo, in ogni uomo. Egli annuncia la meta bella e la
via per arrivarci, la gioia e il cammino da percorrere per farne esperienza. Proprio
così quanto sta per dire ci interessa tutti da vicino: il Maestro parla a noi, al nostro
cuore inquieto, alla nostra sete d’amore, al nostro bisogno incancellabile di felicità,
alla necessità che è nel profondo di ognuno di noi di essere riconosciuti nella nostra
identità più vera, amati con un affetto puro, totale, bello e che duri per sempre.
Proprio da qui parte la rivoluzione di Gesù: dicendo “beati” egli richiama il mondo
delle nostre aspirazioni più grandi, mentre ciò che aggiunge di volta in volta ci
sconcerta e ci interroga, perché sembra indicare proprio l’opposto di ciò che
avremmo immediatamente voluto o cercato…

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Chi chiamerebbe beato un povero? La povertà non è amabile, appare anzi
ripugnante: richiama bisogni insoddisfatti, emarginazione e rifiuto, solitudine e
abbandono, e l’impossibilità di fare ciò che avresti desiderato o voluto. La povertà
non è bella, né attraente: e Gesù chiama “beati” i poveri! È vero che il testo di Matteo
aggiunge “in spirito”, precisazione che manca nel passo parallelo del Vangelo di
Luca (6,20): ma questa aggiunta, che sottolinea la necessità di una povertà scelta e
voluta dal di dentro di te stesso, sembra rendere ancora più grave e inaudita la parola
di Gesù. È come se egli dicesse che non basta essere poveri per essere beati, ma
occorre scegliere e amare questa povertà, occorre volerla, anche se con l’aiuto e la
forza che solo lo Spirito di Dio può darci. Insomma, Gesù ci mette in crisi su tutti i
fronti: la via della gioia che ci indica è opposta a quella del successo in questo
mondo, del denaro, del piacere, del potere ambiti come beni preziosi. Quello che il
Maestro vuole dirci è che nulla di penultimo può riempire la sete infinita d’amore che
ci portiamo dentro, e che solo se diventiamo vuoti di tutto possiamo lasciarci riempire
da Dio, dalla Sua signoria, che illumina, trasforma e riscalda di vero amore tutto ciò
che raggiunge. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli!”
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Chi non è mai stato “nel pianto”? Chi non ha mai conosciuto notti di dolore e
giorni di afflizione e di lacrime? Gesù richiama l’universale condizione umana, così
diversa dall’allegria ostentata, dall’edonismo sfacciato, ricercato a tutti i costi e con
ogni mezzo. Il dolore è l’esperienza che unisce tutti, prima o poi, in un modo o
nell’altro: parlando di “quelli che sono nel pianto” il Maestro non sembra riferirsi a
sofferenze fugaci, ad attimi passeggeri di dolore o di tristezza, ma a quella condizione
prolungata, sorda, costante, che a volte sembra soffocare l’anima. Il paradosso che
Gesù annuncia si comprende proprio a partire da qui: nell’abisso del tuo dolore puoi
essere beato, se riconosci accanto a Te la compagnia del dolore divino, dell’amore di
Dio per il mondo come ci è stato rivelato nel Figlio. Quando sei “nel pianto” non sei
solo: Lui è con te. Lui ha sofferto prima di te e per te, per la sola ragione che Lui ti
ama. A te basta rispondere, riconoscendo nel dolore una misteriosa chiamata, una
Presenza amica e consolante. Unito al Signore che ti è vicino, il tuo dolore può essere
trasformato in offerta d’amore, il pianto in consolazione e speranza, fino a
riconoscere il “dono delle lacrime”, che liberano il tuo cuore oppresso e leniscono le
piaghe della tua anima. Insieme al Maestro, crocifisso per amore nostro, il dolore
diventa salvifico, per te e per gli altri per cui lo offri. A tutto questo possiamo credere
sulla parola di Gesù, che è entrato fino in fondo nel nostro dolore e nella nostra morte
per starci accanto e donarci la gioia e la vita senza fine: “Beati quelli che sono nel
pianto, perché saranno consolati”.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Chi sono i “miti”, se non quelli che confidano nella forza liberante e
pacificante della convinzione interiore e dell’amore offerto senza aspettarsi un
ritorno, spinto addirittura fino al sacrificio di sé? Mite è chi crede nell’efficacia della
non-violenza ed è pronto a porgere l’altra guancia a chi lo schiaffeggia, a far del bene
a quanti gli fanno del male, anche contro ogni calcolo e misura di successo. Mite è
chi è pronto a chiedere e dare il perdono, perché è convinto che le ragioni del cuore
che crede e che ama sono più durature ed efficaci di quelle della forza. Mite è chi
preferisce sempre l’ascolto, il dialogo, l’accoglienza e la riconciliazione alla chiusura,
al rifiuto, al desiderio di rivalsa e alla vendetta. La soluzione dei conflitti non si
otterrà col ricorso alle armi: il mite non crede nella guerra e non riconosce alcuna
guerra giusta, tale cioè che le distruzioni operate e le vite umane sacrificate possano
essere proporzionate allo scopo da conseguire. La “non violenza” è l’espressione
coraggiosa ed esemplare di questa mitezza, che sulla bocca di Gesù attinge alla
profondissima fonte del rapporto vitale della persona che la pratica con Lui, il mite e
umile di cuore. Se i miti “erediteranno la terra”, non sarà la violenza a vincere: prima
o poi trionferanno la giustizia e il perdono, perseguiti con fiduciosa tenacia a partire
dalla forza della verità con l’aiuto che il Maestro dà a chi lo segue sulla via della
Croce. L’offerta di sé in unione al Dio Crocifisso è la sorgente della mitezza che
accoglie, perdona, rispetta e soccorre tutti con gratuito amore. Chi vive questa
compagnia del Figlio abbandonato e risorto crede nell’impossibile possibilità di Dio
assicurataci da Lui: “Beati i miti perché erediteranno la terra”.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
La giustizia è il dare a ciascuno il suo, a Dio come a ognuno dei nostri fratelli
in umanità. È giusto chi ama il Signore con tutto il cuore e a Lui solo vuole piacere e
dare gloria. Chi agisce così, rispetterà ogni essere umano, riconoscendo nel volto
d’altri, di ogni altro, un’esigenza infinita d’amore, il diritto inalienabile di ciascuno
ad essere riconosciuto nella propria dignità di figlio di Dio, fatto a immagine del
Creatore e Signore del cielo e della terra, un fratello per cui Cristo è morto.
Impegnarsi per la giustizia, averne fame e sete, vuol dire tendere in ogni scelta e
comportamento alla piena realizzazione di ogni essere umano secondo il disegno di
Dio e quindi al bene maggiore possibile per ognuna delle Sue creature. Chi agisce
con giustizia e per la giustizia riconosce nell’altro non un avversario o un pericolo,
ma un appello e un dono, specialmente se non può darti nulla in cambio. Ha fame di
giustizia chi ama il povero, chi vede nel volto del misero il volto di Gesù ed è pronto
a pagare di persona perché il diritto dell’umile non sia calpestato e la sua dignità sia
sempre rispettata e promossa. Se veramente chi ha fame e sete di giustizia sarà
saziato, come assicura il Maestro, possiamo essere certi che il Dio del Vangelo è un
Dio “di parte”, vindice dei poveri e degli oppressi, dalla parte dei deboli e dei senza
speranza. L’umile non sarà dimenticato dal Padre che è nei cieli, e chi si impegna per
garantirne il diritto conoscerà la beatitudine anche nell’apparente sconfitta, in ogni
prova e fatica, al di là di ogni calcolo o evidenza umana. Pagare il prezzo dell’amore
per la giustizia è già essere partecipi della vittoria di Dio, difensore dei poveri e dei
deboli: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Misericordioso è chi ha un cuore compassionevole, che ama non a motivo dei
meriti dell’altro, ma per il solo fatto che l’altro c’è. L’immagine più trasparente della
misericordia è quella dell’amore di una madre per la sua creatura: amore viscerale,
che non fa il calcolo del dare e dell’avere, ma dà senza motivazione e senza misura.
In ebraico - lingua in cui batte particolarmente il sangue caldo della vita - il termine
per dire misericordia è “rahamim”, che vuol dire “viscere”, “grembo” di donna che
custodisce e genera la vita. Dio ama così: è Padre e Madre nell’amore. Saperlo è
sorgente di pace, perché ci libera da tutto l’affanno di cercare motivi - sempre
improbabili - per meritare il Suo amore. Chi anche una sola volta nella vita ha fatto
esperienza della misericordia divina, sa quanto è bello esserne avvolti, lasciarsene
inondare e trasformare, e come essa ci chieda di non metterci mai sul trono del
giudice riguardo a gli altri, ma sempre e solo nell’atteggiamento di chi accoglie,
comprende e ama. La misericordia genera misericordia: chi l’ha conosciuta, impara
ad essere per l’altro porto e sorgente di misericordia e di perdono, a prescindere da
ogni merito e da ogni reciprocità. E chi offre misericordia, amando senza attendersi
alcun ritorno per sé, entra sempre più negli abissi trasfiguranti delle divina
misericordia: è dando che si riceve; è morendo a se stessi, che si resuscita a vita
eterna, immersi nell’infinita misericordia di Dio. “Beati i misericordiosi, perché
troveranno misericordia”.

Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
È puro di cuore chi non considera assoluto ciò che è relativo, chi sa riconoscere
il penultimo e valutarlo nell’orizzonte dell’ultimo, che è solo Dio e la Sua gloria.
Impuro è il cuore attaccato alle cose che passano, che cerca di goderne illudendosi
che esse possano dare la gioia e la felicità che non passano. In un mondo che
assolutizza ciò che è relativo e giustifica ogni mezzo per possedere il bene fugace e
fragile come se dovesse restare per sempre, la purezza di cuore non sembra essere di
moda, né attuale né attraente. Eppure, sembra dirci Gesù, è questo l’abbaglio capace
di rovinare il cuore e la vita! Solo chi ha un cuore puro potrà vedere Dio, oggi
riconoscendone i segni e la presenza nei frammenti del mondo che passa, domani
contemplandone senza veli il volto nella bellezza del mondo che non avrà fine. La
purezza del cuore è allora la condizione per la realizzazione del desiderio più
profondo del nostro essere creature chiamate ad amare, il desiderio di vedere Dio e di
poterlo amare essendone infinitamente amati. Il puro di cuore vive alla presenza di
Dio e Dio vive in lui, negli abissi della sua anima assetata di luce, di bellezza, di
amore. Custodire il cuore, vigilare perché nessuna sporcizia ed egoismo appannino
gli occhi dell’anima, vuol dire aprirsi alla gioia grandissima che solo la visione di Dio
può darci. In tutto ciò che sei e fai, che scegli o che rifiuti, non dimenticare di cercare
e realizzare la condizione decisiva della felicità, che nasce dal vedere accanto a Te e
per Te la presenza dell’Amato e dal cogliere il senso e il valore di tutto nella Sua
luce: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.

Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
La pace non potrà mai venire dalla paura del più forte o dalla fiducia nella
potenza delle armi: quanti sono stati nella storia i giganti dai piedi di argilla, per i
quali è bastato un sassolino a far crollare la macchina impressionante del loro potere!
Opera per la pace non chi pone la sua fiducia nello spettro della guerra, ma chi segue
sempre e fino in fondo la via del dialogo, della giustizia per tutti e del perdono. Non
si risolveranno i conflitti chiudendosi all’ascolto dell’altro, accecati dalle proprie
ragioni: solo chi si sforzerà di capire le ragioni dell’altro potrà costruire la pace con
lui. Solo chi si impegnerà a rispettare la giustizia per tutti, aprirà la strada all’incontro
e alla riconciliazione delle parti in gioco. Solo chi saprà chiedere e offrire perdono,
sarà un costruttore di pace. Chi vuole servire la pace dovrà imparare a riconoscere
nell’altro il compagno in umanità, figlio dell’unico Padre Signore della terra e del
cielo, il fratello per cui Cristo è morto. Ecco perché gli operatori di pace saranno
riconosciuti come figli dell’unico Padre, figli che generano altri figli per Dio
costruendo ponti di pace nella comune obbedienza alla verità che libera e salva. La
gioia di chi edifica la pace è la felicità di chi si scopre amato dall’Altissimo e reso in
questo medesimo e unico amore fratello universale, fratello di tutti al servizio del
bene di ciascuno e dell’intera famiglia umana. “Beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio”.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Chi veramente ama è pronto a pagare il prezzo perché nessuno sia calpestato e
offeso. Il Signore crocifisso ne è la prova luminosa e perfino conturbante: Gesù non
ha mai fatto violenza a nessuno, preferendo piuttosto consegnarsi alla morte per
amore di tutti, perfino dei suoi persecutori. Chi vuol seguire il Maestro sa che non c’è
altra strada per essere felici e rendere gli altri felici: preferire di essere perseguitati
per la giustizia, piuttosto che fare del male a qualcuno o ricorrere a mezzi ingiusti per
far trionfare la propria causa. Chi crede in Gesù, crede nella potenza della debolezza.
Il discepolo del Dio crocifisso sa che nessuna giustizia potrà essere costruita
sull’ingiustizia, nessuna riconciliazione sulla vendetta, nessuna pace sulla violenza e
la sopraffazione. A che servirebbe guadagnare il mondo intero, se poi si dovesse
perdere la propria anima? Beato è chi soffre per causa della giustizia, accettando di
amare anche chi lo perseguitasse. L’impotenza di Dio è più forte della potenza degli
uomini! La debolezza dell’amore, vissuto in unione all’offerta del Figlio
abbandonato, è la sola vittoria che vincerà il mondo. Saperlo è già profondissima
pace: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così
infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Gesù si rivolge ora direttamente a noi, suoi discepoli. Non ci pensa come
trionfatori, ma come l’umile Chiesa della Croce che porta a tutti il Suo Vangelo e che
per questo trova incomprensioni, offese, persecuzioni e calunnie. Il Maestro sa che il
Suo messaggio è scomodo, perché capovolge la logica del mondo: e le beatitudini ne
sono prova evidente! Sovvertire la gerarchia dei valori e dei gusti, anteporre a tutto
l’obbedienza a Dio e il dono di sé fino alla fine, non solo appare a molti follia, ma dà
anche fastidio, perché smaschera le false verità del mondo e inchioda i potenti alle
loro responsabilità, mentre esalta il diritto dei poveri e dei deboli e il loro primato
nella gerarchia del cielo. Seguire Gesù non è mai stato facile, come prova la vita dei
santi. Eppure, è veramente bello: chi, come Lui, potrà darci la gioia di cui il nostro
cuore inquieto ha tanto bisogno? Chi ci darà l’amore di cui abbiamo fame e sete, o
chi riconoscerà la dignità del nostro povero essere, se non Lui che ci ha amati e ha
consegnato se stesso alla morte per noi? Cristo non è solo la verità che illumina e il
bene che riscalda, ma è anche l’infinita bellezza che salva, fonte di gioia e di pace.
Perciò il Maestro ci dice: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra
ricompensa nei cieli”. E ci assicura che, seguendo Lui, entriamo nella grande schiera
dei profeti e dei santi e partecipiamo sin da ora alla bellezza che un giorno ci sarà
data senza misura nella città celeste. L’uomo nuovo delle beatitudini, il discepolo
amato, non sarà mai solo e proprio così vincerà il Maligno e le potenze della morte.
La sua gioia non avrà mai fine: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno
e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed
esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i
profeti che furono prima di voi”.
Il santo è chi ha compreso e vissuto tutto questo: è l’uomo o la donna delle
beatitudini. Egli vive la gioia promessa da Gesù alle condizioni indicate da Gesù.
Perciò, chi vuol tendere alla santità - umanità piena e felice, in cui il progetto di Dio è
portato a compimento - chiederà pregando con cuore umile e fiducioso che si realizzi
sempre più in lui la verità delle beatitudini: “O Signore, fa’ di me uno strumento
della Tua Pace. Dove c’è odio, ch’io porti l’amore, dove c’è offesa, ch’io porti il
perdono, dove c’è discordia, ch’io porti l’unione, dove c’è dubbio, ch’io porti la fede,
dove c’è errore, ch’io porti la verità, dove c’è disperazione, ch’io porti la speranza,
dove c’è tristezza, ch’io porti la gioia, dove ci sono le tenebre, ch’io porti la luce. O
Maestro, fa’ ch’io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare; di
essere compreso, quanto di comprendere; di essere amato, quanto di amare. Poiché è
dando che si riceve, è perdonando che si è perdonati, è morendo che si risuscita a
vita eterna. Amen! Alleluja!”.